Il futuro del commercio africano tra pandemia e accordo continentale di libero scambio

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Con l’entrata in vigore dell’Accordo di libero scambio del continente africano, l’AfCFTA, l’obiettivo dell’integrazione regionale africana e della libertà economica si sta realizzando ora più che mai, dopo oltre 60 anni di sforzi verso il panafricanismo.

Nonostante i mesi di ritardi a causa del coronavirus, questo gennaio 2021 ha visto il lancio della più grande area di libero scambio del mondo, costituita da 54 dei 55 paesi membri dell’Unione africana. L’accordo mira a creare un mercato unico in tutta l’Africa, rimuovendo il 90% delle tariffe sulle merci, facilitando la circolazione di capitali e persone, e creando un’unione doganale in tutta l’Africa. Quando sarà pienamente operativo entro il 2030, l’AfCFTA dovrebbe coprire un mercato di 1,3 miliardi di persone con un PIL di 2,5 trilioni di dollari – quasi identico a quello dell’India.

Mentre questa prima parte operativa dell’AfCFTA, focalizzata sugli scambi commerciali, è stata appena inaugurata, la seconda fase dei negoziati in materia di concorrenza, investimenti e proprietà intellettuale sta facendo progressi, con l’accelerazione delle trattative sull’e-commerce. L’opportunità di sviluppare una politica di concorrenza a livello continentale, in particolare, risulta cruciale se si pensa che molti paesi ancora oggi non hanno specifiche leggi e politiche in materia.

Il lancio dell’AfCFTA arriva in un momento di grande necessità, mentre la pandemia di COVID-19 continua a colpire drammaticamente le economie a livello globale e rischia di marginalizzare ulteriormente quelle del Sud del mondo, e in particolare quelle africane. Infatti, le insufficienti interconnessioni tra le economie africane hanno esacerbato l’impatto del coronavirus sulle catene di approvvigionamento del continente. Eppure, diversi iniziative per combattere la pandemia — dalla produzione locale di prodotti essenziali al miglioramento delle spesso inefficienti operazioni portuali e doganali — dimostrano come gli sforzi collaborativi possano generare un impatto significativo in Africa.

Questi esempi di collaborazione, insieme all’immenso potenziale dell’AfCFTA in termini di sviluppo sociale ed economico dell’Africa, potrebbero essere una nuova piattaforma di lancio per stimolare la crescita, ridurre la povertà e ampliare l’inclusione economica. Secondo il nuovo rapporto del World Economic Forum (WEF) – ‘Connecting Countries and Cities for Regional Value Chain Integration – Operationalising the AfCFTA’ – il raggiungimento di questi obiettivi potrà essere accelerato da una serie di processi volti all’espansione delle value chains regionali nelle economie manifatturiere emergenti.

L’impatto della pandemia sul commercio africano

Tutto il mondo è stato testimone del blocco della produzione e dello shock del commercio internazionale e delle catene di approvvigionamento dovuti al COVID-19. In un continente come quello africano, in cui il commercio interno è ancora largamente marginale e le economie sono principalmente basate su beni primari e non lavorati, il Covid-19 ha drammaticamente evidenziato la difficoltà di soddisfare le esigenze pandemiche con una produzione continentale.

Infatti, finora il commercio dell’Africa è stato principalmente costituito da flussi di materie prime verso l’Asia, l’UE e il Nord America, con livelli molto bassi di commercio tra i paesi dell’Africa — solo il 12% degli scambi in Africa sono frutto del commercio intra-continentale. A parte alcune eccezioni, le imprese in Africa non hanno raggiunto economie di scala nella produzione, poiché non hanno beneficiato delle sinergie e delle complementarità con le imprese situate in altri paesi della regione. Ciò implica anche che il valore aggiunto che si genera nel continente è limitato, dato che pochissimi passaggi intermedi nella catena del valore sono intrapresi a livello regionale per la maggior parte dei beni esportati.

Questo crea grandi vulnerabilità, in quanto da una parte le economie sono esposte alla volatilità dei prezzi delle materie prime che esporta, e dall’altra rende molti paesi quasi completamente dipendenti da importazioni d’oltremare per prodotti a più alto valore aggiunto. Già nel primo trimestre del 2020, quando la pandemia ha iniziato a fare effetto tra alcuni dei partner commerciali del continente, le importazioni nell’Africa subsahariana sono diminuite del 15% e in Nord Africa del 13%.

Nonostante l’interruzione delle supply chain, la pandemia non ha però ostacolato irrimediabilmente gli obiettivi prefissati dal nuovo AfCFTA. In alcuni paesi la pandemia ha anche portato all’innovazione e a nuovi metodi di produzione locale, incoraggiando una accelerazione nella costituzione di nuove catene del valore.

In Ghana e Senegal, ad esempio, sono stati sviluppati e prodotti test COVID-19 a basso costo; in Kenya, la sfida della carenza di DPI è stata affrontata convertendo le fabbriche inattive in impianti di produzione di DPI; In Sudafrica, la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, ha visto la progettazione e la produzione locale su larga scala di ventilatori ad un costo significativamente più basso dei prezzi di mercato.

L’industria sanitaria ghanese si è rivolta alla tecnologia per affrontare i vincoli della supply chain, ricorrendo a droni per consegnare le medicine limitando le interazioni fisiche; l’Unione Africana ha lanciato l’African Medical Supplies Platform (AMSP), un portale online che consente agli stati membri dell’UA di acquistare attrezzature mediche certificate, come kit diagnostici, DPI e altri prodotti da produttori verificati e partner strategici a livello continentale e globale.

Mentre queste innovazioni sono state sviluppate specificamente in risposta alla pandemia, hanno la capacità di cambiare il settore sanitario a lungo termine, creando collegamenti di mercato che non erano precedentemente presenti e attraendo maggiori investimenti nell’industria farmaceutica e nell’assistenza sanitaria in generale, con ripercussioni sull’intera economia. Tuttavia, questi progressi dovranno essere mantenuti man mano che il commercio ritorna a una sorta di normalità post-Covid.

Promuovere il commercio intraregionale africano

L’espansione del commercio mondiale e la globalizzazione delle supply chains, in atto dagli anni 80, hanno portato in molti paesi ad un miglioramento della produttività, alla creazione di posti di lavoro e alla riduzione della povertà. Di questa crescita guidata dal commercio non ha tuttavia beneficiato la maggior parte degli stati africani che erano poco integrati nelle catene globali e regionali e che operavano per lo più all’estremità inferiore della catena del valore.

L’AfCTA offre un’enorme opportunità per integrare le imprese africane nelle catene di fornitura globali e creare nuove catene di fornitura regionali. Secondo il World Economic Forum, ci sono diverse opzioni per catalizzare il commercio intraregionale africano, in primis la politica industriale, l’attrazione di investimenti e la cooperazione tra paesi.

La politica industriale è una componente chiave per il commercio in quanto può essere usata per accelerare l’industrializzazione nelle nazioni e aumentare le capacità produttive locali. È importante, tuttavia, che questa non sia volta alla sostituzione delle importazioni, ma piuttosto ad una strategia che valuti vantaggi competitivi attuali e futuri che una specifica economia possiede o può coltivare a livello regionale e globale, per potersi inserire ed affermare all’interno delle supply chain.

Le politiche industriali, soprattutto, devono essere in grado di stare al passo con i cambiamenti globali: un esempio di questo è il settore dei trasporti, dove le politiche e legislazioni promulgate prima dell’avvento della connettività Internet ostacolano molti sviluppi tecnologici. Se si crede spesso erroneamente che gli alti costi logistici tra i paesi africani siano dovuti alla carenza di infrastrutture, in realtà, è l’economia politica dell’industria dei trasporti con i suoi schemi protezionistici che impedisce alle aziende africane di migliorare la loro produttività e competere nelle catene globali del valore.

Mentre le politiche industriali sono spesso allineate con gli investimenti del settore pubblico, gli investimenti privati sono un motore cruciale per lo sviluppo industriale. Gli investimenti diretti esteri (IDE) non consistono solo in investimenti monetari, ma possono includere competenze, tecnologia e sostegno commerciale alle imprese e ai fornitori locali. Inoltre, gli IDE possono sostenere il commercio in quanto sono spesso focalizzati sull’esportazione. Comprensibilmente, sono necessari livelli accettabili di flessibilità e concessioni per creare un ambiente attraente per gli IDE. In Ruanda, per esempio, la VW ha fatto investimenti significativi nella produzione di veicoli, grazie agli incentivi fiscali e agli incentivi per l’esportazione garantiti all’export di beni prodotti in Ruanda. In Etiopia, una moltitudine di incentivi come parchi industriali, accesso a prestiti bancari e incentivi finanziari hanno attirato imprese come Ericsson e H&M.

Infine, il coordinamento delle politiche industriali di vari paesi può essere usato per stimolare il commercio intra-africano e la produzione di valore. Uno dei modelli di cooperazione in questa direzione è sicuramente quello hub and spoke messo in pratica dai membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) nel settore automobilistico. I componenti dei veicoli vengono prodotti in cinque dei paesi membri (Indonesia, Malesia, Filippine, Vietnam e Singapore) e vengono spediti in Thailandia, dove i veicoli vengono assemblati. Ciò consente a molti paesi di partecipare al settore automobilistico in Asia e di trarne vantaggio, sfruttando un costo della manodopera più basso o la disponibilità di certi materiali. Per raggiungere questo obiettivo, però, le politiche dei vari paesi devono essere allineate per garantire che i paesi si concentrino sulla produzione di determinati beni.

La realizzazione di questa visione di integrazione regionale richiederà la conciliazione delle priorità di sviluppo nazionali con gli obiettivi regionali su una varietà di questioni di politica economica. Sebbene non sia un obiettivo facile, l’AFCTA ha un forte slancio politico e fornisce una chiara finestra di opportunità per agire prontamente e integrare i paesi dell’Africa nell’economia globale, in modo più forte ed equo.

Un articolo di Sandra Pagano, Project Coordinator ed Esperta di Relazioni Internazionali

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