Idrogeno: la nuova frontiera dell’energia rinnovabile è guidata dal Giappone

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Mentre i paesi di tutto il mondo esplorano le potenzialità delle energie rinnovabili per combattere il cambiamento climatico, il Giappone si distingue per l’ambizione dei propri obiettivi: realizzare una società decarbonizzata entro il 2050.  Dei numerosi settori interessati dalla Strategia di Crescita Verde, lanciata dal governo Suga lo scorso autunno, è quello dell’idrogeno che sembra adesso rivelare tutto il suo potenziale inesplorato.

Primo paese ad adottare una strategia basata sull’idrogeno, il Giappone sta puntando a una diffusione su larga scala di questa risorsa, attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, sovvenzioni alla produzione di idrogeno a basso costo, accordi internazionali e attività di sensibilizzazione. Il paese stima di poter sfruttare al massimo i vantaggi del first-mover nel settore a livello globale, per raggiungere un valore di mercato nazionale di 3,2 miliardi di euro.

La posizione del Giappone rispetto all’idrogeno ha radici profonde: già a partire dai primi anni 90 il paese ha cominciato a guardare all’idrogeno, non solo per ridurre le emissioni di carbonio, ma anche in termini di sicurezza energetica, nel tentativo di rendersi indipendente dal combustibile fossile prodotto in Medio Oriente e consapevole delle proprie limitate risorse energetiche.

Oggi il Giappone è il massimo promotore della Dichiarazione di Tokyo, siglata da 20 paesi in occasione del primo Hydrogen Energy Meeting, il vertice globale inaugurato dal governo nipponico nel 2018. La promessa dei paesi firmatari, tra cui l’Italia, è quella di una nuova collaborazione sulla decarbonizzazione energetica, basata sullo scambio di informazioni e di personale, sullo sviluppo della tecnologia e sulla creazione di una catena di approvvigionamento internazionale.  Sulla stessa scia, altri paesi hanno firmato memorandum di questa natura con il Giappone, tra cui Nuova Zelanda, Argentina e Paesi Bassi.

Perché l’idrogeno?

Considerato il Sacro Graal dell’energia pulita, l’idrogeno “verde” prodotto da energia rinnovabile non rilascia carbonio quando viene bruciato, con la sola emissione di vapore acqueo. A rendere l’idrogeno così appetibile rispetto ad altre energie rinnovabili — praticamente qualsiasi titolo legato all’idrogeno ha performato bene nel 2020 — è la sua praticabilità in quelle industrie ad alta intensità di emissioni e impatto ambientale per i quali l’opzione dell’elettrificazione non risulta efficace.

Il trasporto su strada, navale e aereo, la produzione di acciaio, la chimica, la metallurgia l’industria del riscaldamento: in tutti questi settori l’idrogeno potrebbe azzerare l’impiego di gas di origine fossile e fornire anche un’alternativa più efficiente grazie alla sua facilità di stoccaggio. Grazie alla sua capacità di fornire energia ad alta densità, risparmiando quindi sia in termini di volume che di peso, e alla possibilità di immagazzinarla per lungo tempo (settimane, anche anni), si prospetta che l’idrogeno giocherà un ruolo chiave nel settore dei trasporti, specialmente quelli pesanti a lungo raggio (tir, camion, treni, mezzi pubblici e di movimentazione merci) ma anche veicoli commerciali. Conferendo un’autonomia doppia rispetto ai veicoli elettrici a batterie, la stessa infrastruttura di rifornimento ha il vantaggio di ricaricare un mezzo a idrogeno impiegando un decimo del tempo richiesto ai veicoli a batterie elettriche.

Sin dal lancio del primo veicolo commerciale a idrogeno in Giappone nel 2014 — la Toyota Mirai — è l’automotive il settore di punta della strategia dell’idrogeno promossa dal governo giapponese. Più della metà del budget nazionale nella nuova risorsa verde, che nel 2020 ammontava a 5,5 milioni di euro e nel 2021 ne prevede 6,5, è destinato a sovvenzionare l’acquisto di auto a idrogeno e a costruire stazioni di rifornimento. Le 135 stazioni giapponesi, che costituiscono la più grande rete di stazioni di rifornimento di idrogeno del mondo, simboleggiano la fede del governo nel futuro dell’idrogeno e il suo sforzo di guidare il mondo nella corsa alla sua commercializzazione.

Nonostante le aspettative crescenti al ruolo che l’idrogeno può svolgere, anche in Giappone questo mercato deve ancora riuscire a superare una prova fondamentale: la convenienza economica. L’obiettivo della strategia giapponese è quello di raggiungere entro il 2050 un prezzo al dettaglio di ben cinque volte inferiore (circa 0,15 centesimi di euro) rispetto a quello attuale. Il principale ostacolo da superare è quello della concorrenza dell’idrogeno “grigio”, derivato cioè dal gas naturale o dalla gassificazione del carbone e altamente inquinante, sebbene molto più economico.

Per un’ulteriore riduzione dei costi dell’idrogeno, è importante progettare come l’idrogeno dovrebbe essere utilizzato in futuro su larga scala nell’intero sistema energetico, ad esempio attraverso l’integrazione con le energie rinnovabili ed esistenti, migliorando le tecnologie di produzione, trasporto e utilizzo in modo unificato. E’ questo l’obiettivo principale del NEDO – la più grande organizzazione di gestione pubblica del Giappone che promuove la ricerca e lo sviluppo in campo energetico — e del suo centro di ricerca di recente inaugurazione, il Fukushima Hydrogen Energy Research Field (FH2R), dotato del più grande sistema al mondo di elettrolisi dell’acqua da 10 MW.

Quali opportunità per le aziende italiane?

Mentre altri paesi stanno notando il potenziale di questo mercato, la leadership giapponese apre numerose strade di business a livello nazionale. Specialmente in un momento in cui le partnership e le collaborazioni di supply chain non sono ancora definite, le aziende italiane ed europee interessate ad entrare in questo settore possono approfittare di un vantaggio competitivo. Considerando inoltre la recente entrata in vigore del Jefta, l’accordo di libero scambio siglato tra Unione Europea e Giappone, il contesto appare ancor più favorevole.

Il settore manifatturiero italiano racchiude alcune delle competenze cruciali nella produzione di tecnologie che potrebbero trovare applicazione lungo tutta la filiera dell’idrogeno, per la sua somiglianza con quella del gas in pressione. L’Italia è ad esempio il primo produttore in Europa nel settore delle tecnologie termiche potenzialmente applicabili nel campo dell’idrogeno, e si posiziona bene anche in molti segmenti del settore delle infrastrutture per il trasporto del gas, così come della meccanica normalmente utilizzata per il mercato del gas, dagli elettrodi applicabili alla produzione dell’idrogeno ai componenti per le stazioni di rifornimento. Inoltre, come segnala il recente report pubblicato da Confindustria, l’Italia può contare anche sui grandi player nazionali della ricerca e dell’energia in grado di porsi come soggetti capofila in grandi processi di innovazione e trasferimento tecnologico.

Le grandi aziende italiane, come le PMI, possono così posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della filiera idrogeno: produzione sia a terra che in mare, trasporto e mobilità industriale e usi termici ed elettrici residenziali e commerciali. Per poter trarre vantaggio dalle opportunità del mercato giapponese, ed aprire così la strada ad una filiera italiana dell’idrogeno, l’International Hydrogen and Fuel Cell Expo (FC Expo), la più grande fiera mondiale dell’idrogeno, che si svolge due volte all’anno a Tokyo, può costituire un’ottima occasione per cominciare a conoscere il mercato.

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