La pandemia ostacola la ripresa economica dell’India

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In tempi più fiduciosi, già nel 2019, il primo ministro Narendra Modi aveva parlato di trasformare l’India in una potenza economica globale dal valore di 5.000 miliardi di dollari entro il 2025.

Tuttavia, con l’avvento della pandemia, la situazione è decisamente mutata, insieme alle ottimistiche previsioni di Modi.

L’India avrebbe dovuto beneficiare economicamente di quello che il primo ministro ha definito “il vantaggio 3D” del paese – demografia, democrazia e domanda. In particolare, l’India avrebbe dovuto raccogliere un “dividendo demografico” grazie alla sua popolazione giovane: l’età media in India è di 28 anni, rispetto ai 37 della Cina e degli Stati Uniti e ai 49 del Giappone, e più di due terzi dei suoi 1,4 miliardi di persone sono in età lavorativa.

Invece, l’economia è inciampata, con una crescita del PIL in decelerazione costante dal 2017 al 2020, un’inflazione in aumento e un tasso di disoccupazione che ha raggiunto la cifra record di 23,5% nell’aprile 2020. L’India ha attualmente 53 milioni di disoccupati, e il suo tasso di partecipazione alla forza lavoro è sceso dal 58% del 2005 ad appena il 40% nel 2021 – uno dei livelli più bassi del mondo.

Un’economia in difficoltà

Dopo più di un decennio come capo ministro del Gujarat, uno degli stati più sviluppati e industrializzati dell’India, Modi si era presentato agli elettori come un leader capace di trasformare il paese, spingendo l’India a diventare una potenza economica globale e realizzando così le speranze degli oltre 11 milioni di giovani indiani che entrano nel mondo del lavoro ogni anno.

A distanza di quasi otto anni, le speranze sono purtroppo ampiamente svanite. Anche se la pandemia e i lockdown associati hanno causato una contrazione dell’economia del 7,3% nel 2020, i problemi erano evidenti ben prima.

Colpito dalla demonetizzazione di Modi delle banconote di grosso taglio alla fine del 2016, tutti i principali motori di crescita dell’economia – consumo, investimenti privati ed esportazioni – sono rimasti sottotono, e il governo non è riuscito a fornire uno stimolo fiscale significativo per porre fine a questo rallentamento.

La situazione economica dell’India oggi

Il punto di vista degli analisti è chiaro in merito. Tra il 2015-16 e il 2020-21, il 20% più povero del paese ha perso più della metà del suo reddito. Negli stessi cinque anni, il 20% più ricco ha aumentato la propria ricchezza di quasi il 40% (indagine ICE360). L’India ha prodotto 70 nuovi milionari ogni giorno dal 2018 (Oxfam India). La povertà in India è aumentata mentre la classe media si è ridotta (Pew Research).

Il primo febbraio, il governo ha risposto con un bilancio che finalmente offre uno stimolo al settore pubblico, aumentando la spesa a 39,45 trilioni di rupie (528 miliardi di dollari) nel prossimo anno fiscale allo scopo di aumentare gli investimenti nelle infrastrutture. Tuttavia, la misura dovrebbe provocare un deficit fiscale del 6,4% del PIL e un indebitamento record.

Il bilancio del 2022 trascura i necessari stanziamenti per favorire l’occupazione rurale, per non parlare delle misure per sostenere economicamente le classi più povere della popolazione urbana.

Nel frattempo, il settore agricolo indiano rimane in crisi, con Modi che ha deciso lo scorso novembre, dopo un anno di proteste di strada da parte degli agricoltori, di ritirare tre leggi che aveva fatto passare con la forza in parlamento.

E le micro, piccole e medie imprese – che contribuiscono al 30% del PIL – continuano a lottare per la sopravvivenza: più di sei milioni di mpmi indiane hanno chiuso tra il 2020 e l’inizio di quest’anno.

Riforme economiche insoddisfacenti

Anche le tentate riforme del governo si sono dimostrate insoddisfacenti.  Il piano per un’India autosufficiente, o Aatmanirbhar Bharat, si sarebbe dovuto concentrare su terra, lavoro, liquidità e riforme, rivolgendosi a vari settori dell’economia, tra cui le imprese, i lavoratori migranti e la classe media.

Tuttavia, le riforme del lavoro e dell’agricoltura sono state quasi del tutto abbandonate, mentre i mini progetti di welfare e le elargizioni di denaro sono tornati in voga, aumentando il sostegno al Bharatiya Janata Party di Modi tra gli elettori più poveri (ma allarmando le agenzie di rating).

  • La tassa nazionale indiana su beni e servizi, che avrebbe dovuto creare un mercato nazionale senza soluzione di continuità quando è entrata in vigore nel 2017, è stata ostacolata fin dall’inizio da molteplici aliquote fiscali ed esenzioni incoerenti, e non è riuscita a soddisfare le aspettative fino a quest’anno.
  • La conformità fiscale, in generale, è diventata ancora più complessa, mentre le incursioni fiscali su imprese sfortunate fanno notizia ogni giorno, frustrando gli investitori esistenti e scoraggiando i potenziali investitori futuri.
  • Modi ha imposto più di 3.000 aumenti tariffari che riguardano il 70% delle importazioni dell’India. Sotto il precedente primo ministro, Manmohan Singh, l’India è entrata in 11 accordi commerciali – sotto Modi, non ne ha firmato uno.

I sostenitori di Modi spesso sottolineano l’impressionante afflusso di investimenti esteri. Ma questo riflette in gran parte gli investimenti di portafoglio nei (soliti) settori legati alla tecnologia dell’informazione, che registrano risultati interessanti.

2022: la speranza di una ripresa economica sostenuta

Secondo un rapporto NASSCOM, tecnologia digitale e intelligenza artificiale potrebbero aggiungere 400-500 miliardi di dollari al PIL dell’India entro il 2025.

Il World Economic Forum stima che l’IA dovrebbe creare 133 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2022. Attraverso una serie di riforme incentrate sull’e-learning, sulle competenze e sull’occupazione – supportate dalle università statali e dai relativi programmi di studio – l’India potrebbe assumere rapidamente un ruolo centrale a livello planetario, generando occupazione e crescita economica.

L’ecosistema delle start-up indiano da alcuni anni appare decisamente interessante e conta centinaia di piccole realtà in crescita esponenziale, concentrate nei settori automotive, logistica, edtech, fintech e healthtech. Sostenendo proattivamente queste realtà emergenti, spesso pioniere nell’applicazione di tecnologia digitale, l’India potrebbe rapidamente guadagnare una posizione di rilievo a livello globale.

Allo stesso modo, l’economia indiana può risollevarsi sostenendo in maniera significativa le micro, piccole e medie imprese del paese. Varato durante la pandemia, l’Emergency Credit Line Guarantee Scheme (ECLGS) ha dato ossigeno al mondo imprenditoriale indiano durante gli ultimi due anni. Le banche stanno già cercando un’estensione dell’ECLGS di almeno un altro anno, per continuare a supportare le mpmi del paese.

La diffusione delle start-up e il miglioramento dello status delle imprese indiane aiuterà a risollevare l’economia del paese, che a buon diritto può puntare a diventare uno dei motori tecnologici del mondo.  E insieme, un impulso rinnovato alle riforme strutturali tanto attese – e gravemente ostacolate dalla pandemia nella loro applicazione – potrà certamente ridisegnare in ottica positiva il futuro e la ripresa economica del paese.

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